BENEFICI FISCALI ESTESI A TUTTI I “CONTRATTI DELLA CRISI CONIUGALE”(Cass. Civ., sez. trib. civ., sent. n. 3110 del 17.02.2016)

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Superando esplicitamente il precedente indirizzo giurisprudenziale, la S.C. ha invece condiviso la più recente interpretazione secondo cui tutti gli atti comportanti trasferimenti patrimoniali fra coniugi debbano essere ricondotti nell’ambito delle condizioni di separazione di cui all’art. 711, comma 4, c.p.c. stante il carattere di “negoziazione globale” che la coppia in crisi attribuisce al momento della “liquidazione” del rapporto coniugale, attribuendo quindi a tali accordi la qualificazione di contratti tipici denominati “contratti della crisi coniugale” la cui causa è proprio quella di regolamentare e risolvere in modo tendenzialmente non contenzioso e definitivo la controversia. Ciò ancor di più nel contesto normativo attuale che ha certamente attribuito all’elemento del consenso fra i coniugi il ruolo centrale nella definizione della crisi. In tale contesto, prosegue la Corte, «non sembra potersi più ragionevolmente negare – quale che sia la forma che i negozi vengano concretamente ad assumere – che detti negozi siano da intendersi quali “atti relativi al procedimento di separazione o divorzio”che come tali possono usufruire dell’esenzione di cui all’art. 19 della L. n. 74/1987 nel testo conseguente alla pronuncia n. 154/1999 della Corte Costituzionale, salvo che l’Amministrazione contesti e provi, secondo l’onere probatorio cedente a suo carico, la finalità elusiva degli atti medesimi».